Su un’isola ci interessa approfondire la relazione intima tra estetica ed etica, dove ogni estetica, prodotta dal lavoro artistico, sia il movimento necessario alla materializzazione di un linguaggio e l’etica suggerisca come utilizzare quel linguaggio nella maniera più giusta e significativa.
La creazione e promozione di un polo di produzione artistica nel Sud-Italia proprio a partire da territori remoti e vulcanici, instabili e precari per definizione. Luoghi di bellezza in cui raramente si investe oltre la stagionalità con progettualità solide e di lunga durata.
Questo ci sprona a sfidare e rifiutare il concetto di “location” per provare a instaurare una relazione non neutra e non strumentale con l’isola e i suoi abitanti.
Sono il focus del progetto: la costruzione artigianale del lavoro artistico in ambito formativo e produttivo. La pratica del fare orienta di volta in volta le scelte curatoriali e suggerisce metodi, enuclea visioni, fornisce tecniche, pedagogie e instaura una relazione specifica con il fuori: il pubblico, il territorio, il mondo.
Danza, performance e sperimentazioni multidisciplinari sono gli strumenti per interrogare forme di relazione e interazione con uno spazio vivo e trasformativo in continuo assestamento tellurico. Un territorio vulcanico interamente circondato dall’acqua che costantemente pone all’uomo interrogativi e sfide sulla sua stessa presenza.
Da qui la domanda su come la ricerca artistica possa produrre una conoscenza basata sull’innovazione attraverso i meccanismi e le tecniche proprie dei processi creativi.
Oltre alle attività rivolte agli artisti, si prevedono percorsi formativi rivolti a non professionisti e bambini, momenti di restituzione pubblica capaci di cogliere la ricchezza dei linguaggi. Risonanze intese come riverbero verso l’esterno, capaci di offrire percorsi percettivi e di allenare la qualità dello sguardo. La risonanza del progetto sull’isola, e attraverso l’isola, rimane un obiettivo primario. Ciò che Marosi intende generare, sopra ogni altra cosa, è l’incontro.
La danza e le arti performative costituiscono il pilastro, il punto a partire dal quale rivolgere il nostro sguardo e porci domande. Dopo il primo anno, con l’edizione 2017, il lavoro di creazione e di ricerca ha fatto emergere la necessità di riformulare le domande ed ampliare gli obiettivi, aprendo ad altri ambiti artistici, per abbracciare una visione sempre meno settoriale e coinvolgendo nei nostri percorsi non solo artisti provenienti da danza, teatro e performance ma anche da fotografia, video e suono/musica. I diversi linguaggi artistici si relazionano al processo creativo in maniera tale che la questione sollevata da uno funga da risposta per l’altro, in un flusso di reciproco arricchimento, in un vicendevole interrogarsi e rispondersi. Cosa l’uno ha da imparare dall’altro?
Il progetto assume così naturalmente un carattere fortemente interdisciplinare.
La sfida che il progetto vuole lanciare è quella di dare centralità a sguardi insulari e nel tempo stimolare collaborazioni con progetti indipendenti e istituzionali che credono nell’incontro tra arte, ricerca e territorio, per creare reti di scambio e di confronto tra professionisti nelle arti performative e nella ricerca. Fare questo a partire da una piccola isola di Fuoco nel bel mezzo del Mediterraneo per approdare verso nuove isole e nuove terre è la nostra finalità.
L’Isola non è solo una realtà fisica, è anche una dimensione simbolica. L’isola è un micro continente marginale e isolato solo se pensato in relazione con la terraferma.
Isole sono quei luoghi dove sempre si allena lo sguardo, oltre l’orizzonte.